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Israele e Iran: la guerra è cominciata. E l’America è già dentro

*Tommaso Barbato

Il Medio Oriente è ufficialmente in guerra. Non si tratta più di scaramucce, razzi o operazioni di contenimento. Il conflitto tra Israele e Iran è esploso, e con esso il rischio concreto di una escalation globale. Gli Stati Uniti sono già intervenuti, colpendo centri di ricerca iraniani sospettati di sviluppare la bomba atomica. Una mossa che segna una rottura definitiva degli equilibri e proietta il mondo verso una nuova fase di tensione internazionale.

Il conflitto non è più “locale”

Non è più una crisi tra Israele e Gaza, o tra Israele e Hezbollah. Il vero fronte ora è tra Gerusalemme e Teheran, due potenze ostili che da anni si osservano e si colpiscono indirettamente. Oggi il confronto è diventato diretto. Le incursioni israeliane sul suolo iraniano, gli attacchi cibernetici, i sabotaggi nei siti nucleari, e ora i raid statunitensi su obiettivi strategici iraniani: la guerra è in corso, e non è più per procura.

Le vere ragioni di una guerra pericolosa

Al di là delle versioni ufficiali, le ragioni di questo conflitto sono profonde e strutturali: – Israele considera un Iran nucleare una minaccia esistenziale. Prevenire la bomba atomica a Teheran è una linea rossa invalicabile. – L’Iran vuole estendere la sua influenza nel mondo arabo sciita, sostenendo milizie in Libano, Siria, Iraq e Yemen, e utilizzando il conflitto con Israele per legittimarsi internamente. – Gli Stati Uniti non possono tollerare né un Iran atomico, né una destabilizzazione permanente della regione, soprattutto ora che Russia e Cina osservano con interesse e calcolo.

Gaza: la tragedia nella tragedia

In questo scenario di fuoco incrociato, Gaza è stata completamente devastata. Quartieri rasi al suolo, ospedali senza più ossigeno, intere famiglie scomparse sotto le macerie. È un dramma umanitario che scuote le coscienze. Eppure, continua.

È inaccettabile.

Il prezzo più alto di questa guerra lo stanno pagando i bambini, vittime innocenti di bombardamenti incessanti, assedi, fame e mancanza di cure. Muoiono nei rifugi, tra le braccia delle madri, senza acqua né pane, senza un domani.

Non sono numeri. Sono nomi, sorrisi, vite spezzate.

Il diritto di difendersi non può mai giustificare

l’annientamento sistematico di una popolazione civile.

Questa è una verità che va detta, anche quando è scomoda.

Uno scontro che può coinvolgere tutti

Il pericolo maggiore oggi non è solo il numero dei morti o dei missili. Il vero rischio è che questo conflitto diventi una guerra mondiale a bassa intensità, con: – Russia che potrebbe appoggiare Teheran per logorare gli USA, come già avviene in Siria e Ucraina. – Cina interessata a mantenere aperti i canali energetici del Golfo Persico, ma pronta a sfruttare ogni indebolimento dell’Occidente. – Europa ancora una volta spettatrice, colpita però in prima linea da migrazioni, crisi energetiche e minacce terroristiche.

La diplomazia è muta

Le organizzazioni internazionali tacciono. L’ONU è paralizzata. L’Unione Europea è divisa e irrilevante. I grandi attori regionali – Arabia Saudita, Egitto, Turchia – osservano con preoccupazione, ma non intervengono. Si è passati da un equilibrio instabile a un conflitto a viso aperto. E quando le diplomazie tacciono, parlano le armi.

La storia accelera

Stiamo vivendo una fase in cui la storia non cammina, ma corre. La guerra tra Israele e Iran non è più un’ipotesi, è una realtà. E gli Stati Uniti, con i loro bombardamenti mirati, lo hanno confermato: non si tratta più solo di sostenere un alleato, ma di difendere un asset strategico globale. L’opinione pubblica internazionale, confusa o disinformata, rischia di svegliarsi troppo tardi. Eppure, ciò che accade oggi nel cuore del Medio Oriente non resterà confinato lì. I suoi effetti, politici, economici e morali, ci riguarderanno tutti.